Se un pomeriggio di primavera…un businessman!
Accade, quando vivi molto lontano dal tuo Paese, che a volte, senza preavviso alcuno, tu senta forte il bisogno di qualcosa che ti faccia sentire nuovamente a casa. Questo succede anche a me che vivo a New York, la città cosmopolita per eccellenza, il “melting pot” della cultura, del costume, dell’economia, dell’arte, della religione e non da ultima, della cucina… Camminare per il centro di Manhattan è esaltante ed al tempo stesso “dispersivo”. Ti muovi basandoti sul sistematico incontro a perpendicolo, sul modello della disposizione del castrum romano, di streets ed avenues, cercando la via più breve per raggiungere la tua meta, evitando, quando possibile gli ingorghi stradali ed i marciapiedi troppo affollati… perché solitamente ogni spostamento è istintivamente programmato e pianificato in base al tempo disponibile. Il tempo… la moneta corrente della Grande Mela, così prezioso ed imprescindibilmente scandito dagli impegni, dagli appuntamenti, dai contatti con altri frettolosi, indaffarati newyorkesi.
Accade, quando vivi molto lontano dal tuo Paese, che a volte, senza preavviso alcuno, tu senta forte il bisogno di qualcosa che ti faccia sentire nuovamente a casa. Questo succede anche a me che vivo a New York, la città cosmopolita per eccellenza, il “melting pot” della cultura, del costume, dell’economia, dell’arte, della religione e non da ultima, della cucina…
Camminare per il centro di Manhattan è esaltante ed al tempo stesso “dispersivo”. Ti muovi basandoti sul sistematico incontro a perpendicolo, sul modello della disposizione del castrum romano, di streets ed avenues, cercando la via più breve per raggiungere la tua meta, evitando, quando possibile gli ingorghi stradali ed i marciapiedi troppo affollati… perché solitamente ogni spostamento è istintivamente programmato e pianificato in base al tempo disponibile. Il tempo… la moneta corrente della Grande Mela, così prezioso ed imprescindibilmente scandito dagli impegni, dagli appuntamenti, dai contatti con altri frettolosi, indaffarati newyorkesi.
Come dicevo, quando cammini per Manhattan, specialmente in primavera, tutti i tuoi sensi vengono continuamente sollecitati da una miriade di immagini, luci, suoni… e odori, tanti diversi odori che colpiscono il tuo lato cosciente come quello inconscio. Mi trovavo l’altra sera sulla 2nd avenue, nell’Upper East Side, quando giunto all’altezza della 90th street, l’inconfondibile profumo della pizza appena sfornata mi colpiva e mi costringeva a fermarmi.
Mi guardo intorno per capire da quale locale provenisse questo inebriante odore…
“San Matteo Pizza”, leggo sulla tenda che incornicia l’ingresso di un piccolo ristorante proprio all’angolo tra “second and ninety” (come dicono qui). Avevo un appuntamento di lì a pochi minuti, un impegno concordato già dal giorno precedente ed ero, come al solito in perfetto orario. Ma ecco comparire improvvisamente, prepotentemente, quel bisogno di casa, di quel conforto fatto di odori e sapori, di voci e racconti ai quali non so resistere… Controllo l’orologio ed il cellulare, rapidamente… E in un attimo decido.
Chiamo Bruce, che mi attendeva di lì a poco sei isolati più a nord e gli dico di essere stato chiamato all’ultimo momento dal Consolato per una affare di una certa urgenza, scusandomi per l’inconveniente e spostando l’impegno alla mattina seguente.
Finalmente libero… entro e mi siedo.
Il locale è piccolo ma ben distribuito, con una sua naturale proiezione all’esterno, come accade per molti locali in questa parte di New York. L’interno è accogliente, caldo, colorato, con la presenza predominante ma mai eccessiva del legno dei tavoli, dei banconi, delle mensole sui cui si affacciano bottiglie di vino, di olio, di pomodoro e di atri prodotti rigorosamente italiani.
“Sono a casa”, penso in quella parte di me che si trova a metà strada fra la mente ed il cuore. Mi siedo e subito arriva il proprietario. – Ciao sono Ciro, piacere… cosa posso portarti?-
– Guarda… sono affamato di cose buone… Fa’ tu, Ciro, a tuo gusto – rispondo abbandonando sulla sedia accanto giacca, valigetta e telefono e con essi tutti gli impegni ed i pensieri legati alla quotidianità. Il mondo è fuori. Dentro solo desiderio di Italia e di genuinità…
Dopo cinque minuti arriva in tavola una pizza che potrei già mangiare con gli occhi, prima che con la bocca:
bordo alto e soffice, guarnita, su una base di mozzarella di bufala, con pomodorini rossi e gialli e basilico… un giro di olio extravergine… null’altro.
Taglio la prima “slice” e assaggio…
Le ultime vestigia dell’uomo assediato dagli impegni della vita newyorkese scompaiono e torna il ragazzo che si siede in pizzeria per raccogliere quanto di meglio la vita può offrire: il gusto, il profumo, l’immagine stessa del “must” per eccellenza della cucina italiana. La genuinità dell’esperienza che vivi mangiando una buona pizza ti trasporta immediatamente in un passato, un vissuto denso di ricordi. Ovunque tu sia, i contorni di ogni cosa sfumano… non sei più in un locale, o ad un tavolino per strada… sei a casa, circondato dall’atmosfera che più ti è congeniale, che ti conforta e ti abbraccia…
Mangio, fino all’ultimo trancio, una delle migliori pizze di sempre, aspettando che il titolare passi al mio tavolo.
– Ciro, devo farti davvero i miei complimenti… è da tanto che non mangiavo una pizza così… Tutto perfetto: l’impasto, la mozzarella, i pomodorini, l’olio… sono estasiato… sono tutti ingredienti italiani? –
Ciro, ringraziando con un eloquente cenno del capo ed un sorriso compiaciuto, mi indica alcune confezioni di pomodorini e delle bottiglie d’olio in bella mostra su una mensola del locale.
– Grazie caro. Sono contento che ti sia piaciuta. Vado sempre orgoglioso della mia pizza. Uso solo ingredienti di prima scelta, senza compromessi, perché tengo particolarmente ad offrire un cibo di alto livello… e perché poi i clienti, anzi direi meglio… gli amici, dopo, TORNANO. –
Mi alzo dal tavolo e mi avvicino ai prodotti indicati.
– “Sensazionitaliane”… Grazie Ciro…
– Tornerò.